Abisso Alessandro ScolaroPremessa - Corre l’anno 1994, quando i nostri compagni di gruppo Cinzia Canesso, Maurizio Mottin (Buba) e Maurizio Parisotto (Mafias), impegnati in una battuta di ricerca di nuove grotte nell’area nord orientale di Cima Grappa, scoprono nel bel mezzo di un piccolo “drappello” di faggi ed abeti, l’ingresso di questa importante grotta. Ho detto importante, non tanto per la profondità e lo sviluppo metrico, pur sempre considerevoli, ma per altri aspetti per noi del Geo CAI Bassano, ben più cari. Molti di noi si sentono particolarmente legati a questa grotta. Il motivo pregnante è presto detto  . Questa cavità, in un periodo particolarmente sconfortante e delicato della storia del nostro gruppo, ha rappresentato e rappresenta  a tutt’oggi un simbolo di continuità operativa e di timida ripresa, di progressiva e incontrovertibile riconquista di fiducia nel futuro. 
L’aver dedicato la grotta al nostro compianto amico Alessandro Scolaro, allievo del nostro V° corso di speleologia, ha significato molto, per tutti noi. Gli amici che si sono impegnati nelle disostruzioni, esplorazioni e rilevazioni topografiche di questa cavità, sanno bene che quando dalla pianura si sale verso il Grappa per un’uscita allo “Scolaro”, lo spirito d’amicizia e di compartecipazione è sempre speciale. Giunti a Cima Grappa percorriamo il sentiero che si sviluppa lungo il sinuoso crinale nord ovest che conduce alla grotta. Lungo il tragitto, nelle giornate più limpide e terse, si può godere di un ampio e suggestivo panorama, assaporando al contempo il profumo dell’erba e del muschio del sottobosco. Poi, giunti alla meta ci si prepara a scendere quei pozzi, concentrandosi nel superamento di dure strettoie che ci lasciano scappare in profondità, verso il cuore della montagna. In tutti questi particolari ed emozionanti momenti, in questi attimi, sentiamo nel profondo dell’animo, che Alessandro è assieme  a noi, al nostro fianco. Ecco perché questa grotta è speciale, assolutamente unica.

L'ingresso dell'Abisso Alessandro ScolaroNote - L’ampio pozzo d’accesso della grotta è ubicato al termine di una lunghissima trincea che si sviluppa sul fianco di una dorsale prativa. La trincea stessa sembra gettarsi letteralmente all’interno del primo pozzo della grotta, profondo 10 metri. Ai margini dell’imbocco della voragine, sono parzialmente visibili delle strutture lignee di supporto (realizzate presumibilmente dai soldati della Grande Guerra) di una probabile passerella che permetteva di superare il pozzo, senza uscire dal trinceramento, esponendosi al tiro nemico. Quasi certamente siamo di fronte ai resti di una robusta recinzione atta ad impedire ai militi di precipitare inavvertitamente nella grotta. Alla base del pozzo d’ingresso non sono stati notati palesi segni che possano far pensare ad un uso bellico di questo settore di grotta prossimo all’esterno, anche se l’ipotesi che quest’ultimo sia stato utilizzato come deposito di munizioni e vettovagliamenti, non è da escludersi.

Descrizione e osservazioni morfologiche - La cavità si è formata nelle stratificazioni litologiche dei calcari grigi del Lias, fortemente dolomitizzati. La roccia è molto compatta e ricca di ossidi di ferro e magnesio. Il pozzo d’accesso, molto levigato, presenta evidenti segni d’erosione meccanica. Dopo circa 7 metri di discesa si intravede, spalle al primo frazionamento, una invitante e misteriosa finestra che immette in un camino dal suolo sconnesso, teatro di qualche nostro timido intervento disostruttivo. Guadagnata la base Galleria di crollo che precede la Sala Nera (-50 m)del pozzo, non è difficile individuare la prosecuzione naturale della grotta rappresentata da un angusto cunicolo inclinato. Il condotto, lungo un paio di metri, conduce innanzi ad una stretta fessura verticale, profonda 4 metri (Strucòn de Maroni). Quest’ultima ha rappresentato un grande ostacolo alle esplorazioni, impegnando vari soci del Geo CAI (Helmut Zanella, Alessandro Dissegna, Massimo Baggio, Mario Marchiori, Michele Tommasi, Maurizio Mottin, Maurizio Parisotto, Simone Lorenzoni, Davide Strapazzon, Carlo Bianchin, Alberto Ferraro) in estenuanti lavori di sbancamento e disostruzione. I primi esploratori giunti a questo punto della grotta, “sentendo precipitare i sassi per quasi quattordici secondi”, decisero unanimemente che “era il caso” di interessarsi “stoicamente e senza renitenza alcuna” a questa cavità! La temibile spaccatura denominata appunto Strucòn de Maròni permette oggi di raggiungere una piccola cengia posta a capofitto sul nero imbocco del pozzo più profondo dell’Abisso Scolaro. Proprio in questo punto la grotta si biforca in due distinti settori, morfologicamente alquanto diversificati. Il “Pozzo Keope” misura 35 metri di profondità ed è senza dubbio, per la sua particolare morfologia (esteso ma strettissimo) uno dei vani verticali più impegnativi fin’ora esplorati dal nostro gruppo sul Grappa bellunese. La sua discesa permette di raggiungere il vecchio fondo della grotta. Nei pressi dell’esigua cengia poc’anzi menzionata, si sviluppa un cunicolo inclinato (un tempo molto più stretto) che immette repentinamente in uno spettacolare e vasto pozzo (Pozzo Big Bang) di 18 metri di profondità. La grotta prosegue il suo tortuoso sviluppo attraverso una spaccatura tettonica dal suolo inclinato, perfettamente ortogonale all’asse principale del“Big Bang”. La pendenza della diaclasi dopo alcuni metri si verticalizza con un salto di 6 metri. Sala Nera (-55 m)Ecco un altro bivio. Spalle alla corda la grotta continua con una serie di stretti pozzetti che esauriscono il loro sviluppo innanzi ad insuperabili restringimenti. Per contro, dalla parte opposta, attraverso una evidente finestra si sbuca nella grande e suggestiva “Sala Nera”, il vano più ampio della grotta. Il suolo della sala è ingombro di grandi monoliti, staccatisi in epoche remote dal soffitto della grotta. L’Abisso ora esplode letteralmente in un dedalo di diramazioni orizzontali, ascendenti e verticali. Lungo il perimetro più calpestabile della sala si sviluppa una serie di anguste salette di crollo che, attraverso uno stretto passaggio, comunicano con un articolato camino arrampicabile. Quest’ultimo chiude su di un tappo di frana difficilmente disgaggiabile (da speleologi non autolesionisti). Le tre principali ramificazioni verticali si dipartono invece dal punto più basso del cratere della “Sala Nera”. Il vasto ambiente si è formato probabilmente grazie all’anastomizzazione di almeno quattro fusoidi evolutisi lungo la direttrice che corrisponde all’asse maggiore della sala stessa. Processi di stabilizzazione gravitativa hanno provocato dei grossi crolli conferenti a questo settore della grotta, la tipicità propria degli ambienti di crollo. Copiosi flussi idrici canalizzati hanno successivamente eroso e modellato gli ambienti, in alcuni tratti, fortemente incarsiti. Nei ciclopici massi basali questi flussi hanno generato delle piccole marmitte, utili per il rifornimento d’acqua per le bombole ad acetilene. Al di sotto della “Sala Nera”, si sviluppano degli ambienti inter/clastici che conducono a due distinti fondi, raggiungibili con la discesa di piccoli salti inclinati e verticali. Queste due ramificazioni esauriscono il loro sviluppo al cospetto di strettoie franose e (per il momento) difficilmente transitabili.