Abisso RenatoEra una splendida domenica di fine settembre del 1998, una di quelle giornate che restano impresse (per tanti motivi) nella memoria di uno speleologo. Il sole è ancora caldo, i boschi sono dipinti delle mille sfumature e colori dell'autunno, l'aria è frizzante e fresca. La sera precedente ricevo una telefonata dell'amico Renato Mocellin che mi chiede se sono disponibile ad andare a visionare un nuovo buco che aveva scoperto l'anno prima nei pressi di Campo Croce, in comune di Borso del Grappa (TV), sul Massiccio del Grappa. Ho il pomeriggio libero, così accetto di buon grado la proposta. Partiamo alla volta della grotta  . Raggiungiamo in auto la Baita Alpina di Campo Croce e da lì in un quarto d'ora di sentiero siamo all'ingresso della cavità. Si tratta di un piccolo  pertugio che immette in una verticale di pochi metri. Il bosco di abeti e faggi circostante è bellissimo 
. Dal buco, allargato mesi prima da Graziano Mocellin e Simone Lorenzoni, neanche un flebile flusso d'aria. Scaglio un sasso nell'imbocco e questo rotola verticalmente per qualche metro. Comincio a sospettare di trovarmi innanzi ad una grotta di poco interesse esplorativo. Mai giudizio fu più azzardato! Indosso la tuta e l'impianto ad acetilene e senza non pochi sforzi riesco a superare la strettoia iniziale e a penetrare in profondità. Arrampicando raggiungo in breve la base del saltino. Una strettissima fessura orizzontale lunga circa due metri si diparte dal piccolo vano. Intravedo una possibile prosecuzione, ma le dimensioni della stessa sono ridotte all'osso. Lancio il primo sasso ma non riesco a fargli oltrepassare il restringimento. Provo una seconda volta, una terza. Niente da fare. Grido a Renato che non ci sono possibilità ulteriori ma, prima di tornarmene all'esterno, ritento per un'ultima volta, più che mai fatidica. Il sassolino, quasi d'incanto, con una carambola miracolosa oltrepassa la frattura.
Un attimo dopo lo sento precipitare e rimbalzare per almeno una trentina di metri! Un urlo atavico scuota e riecheggia nella val Rossa!! Vaaaaaaaa .....vaaaaaaa !!!!! Chissà cosa avranno pensato gli umani e gli animali che quel pomeriggio l'hanno udito. Un omicidio? Qualche sfigato caduto in un precipizio? L'ennesimo deltaplanista in irreversibile caduta libera o qualche DJ bucolico affetto da una dolorosissima ernia del disco?
Euforico riguadagno la superficie ansioso di raccontare tutto a Renato. Non vi dico la contentezza del mio amico ad una simile notizia. Finalmente aveva scoperto quello che di lì a pochi mesi si sarebbe rivelato un signor abisso. Le sue tante battute di ricerca, vera passione, stavano per essere ripagate. Ripensando al tempo di caduta rettifico la profondità ipotizzata a circa una quarantina di metri. La sera stessa il gruppo è messo al corrente della nuova scoperta. E' prassi nel GEO CAI Bassano condividere con tutti delle emozioni così intense. A metà ottobre 98' l'amico Graziano Mocellin organizza per l'occasione una grande marronata. Degustando un bicchiere di buon vino novello ed assaporando il gusto delle castagne arrostite, festeggiamo la nuova scoperta.
Per quattro domeniche consecutive delle squadre sono di scena alla grotta. Disostruiamo con caparbietà, ma la possibilità di oltrepassare la temibile strettoia (Fessura Riobiuanchenobi) è ancora lontana. Davide Strapazzon, Maurizio Mottin (Buba), Lorenzo Lessio, Alessandro Dissegna, Franco Gramola, Graziano Mocellin e Simone Lorenzoni e chi vi scrive, sono sicuramente tra i più attivi.
Nei primi mesi del 1999 finalmente riusciamo a superare in tre la strettoia. Attrezziamo il pozzo. Scendo per sei metri atterrando su di una cengia pensile. Lorenzo e Alessandro mi raggiungono. Ben presto ci rendiamo conto della precaria stabilità del terrazzamento, formato da materiale incoerente depositato sopra alcuni massi. Sotto di noi l'estesa diaclasi esplode nel vuoto, profondamente e misteriosamente. La prosecuzione è evidentissima e abbastanza accessibile, ma è impensabile scendere senza eliminare fisicamente la frana sospesa. AI fine di scoraggiare veloci ed altrettanto pericolose discese, viene quasi unanimemente deciso che l'esplorazione dovrà essere graduale e il più possibile sicura, con accurata pulizia dei vani verticali. Il motto che ci pervade è chi va piano va lontano e chi va forte va alla ...... Non occorre certo che mi dilunghi su un concetto così esplicito. Approntiamo una solida sosta di sicurezza piantando due spit.
A questo punto entra in azione Lorenzo. Con l'aiuto di un piede di porco e della sua incredibile abilità di disostruttore, si sbarazza in sei ore di lavoro dei detriti. Alessandro ed io tentiamo di dargli il cambio, ma quando Lorenzo si ritrova tra le mani un piede di porco è impossibile toglierglielo. Il pozzo ora è ripulito. Non vi dico i brividi sulla pelle a sentire precipitare per quasi dieci secondi (con botti e contro botti) tutto il materiale franoso. La morfologia è quella tipica degli ambienti tettonici, ma l'incarsimento è davvero marcato. I segni del passaggio temporaneo di flussi idrici canalizzati è evidentissimo.
La settimana successiva ecco di scena una nuova squadra esplorativa, composta da Mirko Fossa, Alessandro Dissegna e Mirko Moro. Attrezzano il nuovo salto, frazionandolo ripetutamente. Raggiungono, dopo gran lavoro, quota -50 metri. La grotta continua alla grande, anche se per progredire è necessario eliminare ripetutamente svariate cenge pensili formatesi a causa dei disgaggi perpetrati a quote superiori. Gli ambienti non sono grandiosi, ma ci si può accontentare. Non si rimpiange di certo il Colon dell'Abisso Helix! Varie spedizioni raggiungono prima i -100 metri di profondità (quota magica per gli speleologi che bramano conoscere approfonditamente il carsismo e l'idrologia sotterranea del Grappa), poi i 120 metri. Il pozzo viene denominato Profondo Rosso in onore della valle sottostante l'Abisso, la Val Rossa appunto. Nel corso del campo estivo 1999 Maurizio Mottin, Alessandro Dissegna e l'amico Marco Baroncini (Ronda Speleologica Imolese C.A.I.) scendono ancora in profondità (Pozzo Romagna). Riescono quasi ad atterrare su un nuovo terrazzamento pensile posto a circa -140 metri (Momendol). La verticale continua per almeno altri venticinque. Esauriscono le corde in vista dell'evidente cengia. Nelle uscite successive raggiungiamo la cengia intravista dai nostri tre compagni. La frana che la genera è molto insidiosa. Svariate spedizioni sono organizzate al fine di renderla inoffensiva. Renato all'esterno è sempre presente, con qualsiasi tempo e stagione. Ci aspetta fino a sera, imbacuccato e con un buon bicchiere di tè caldo sempre pronto. Inguaribile sognatore di un Renato! Avessero tanti giovani la sua passione!!
Riusciamo non senza considerevoli sforzi a rendere sicuro l'ammassamento pensile. In questo tentativo è determinante, ancora una volta, la caparbietà e l'operosità di Lorenzo. Sembra impossibile, ma per raggiungere questa profondità è stato necessario quasi un anno di duro lavoro e decine d'uscite. Meglio così, siamo sicuri che i pozzi sono puliti e non possono crearci problemi. Di riffa o di raffa ci troviamo comunque al cospetto di una frattura interna (senza interruzione di continuità) che si colloca per profondità ai vertici tra quelle fino ad ora esplorate dal nostro gruppo sul Massiccio. Un risultato niente male davvero! Delle successive spedizioni consentono di scendere l'ennesimo tratto di verticale. Finalmente intravediamo un fondo. Scende Lorenzo, seguito a ruota dal sottoscritto e da Giacomo. Il fondo è completamente occupato da una frana. Nessuna prosecuzione. A circa tre metri dal fondo scorgiamo un'evidente spaccatura. Lorenzo la raggiunge arrampicando in contrapposizione. Si tratta di una spaccatura alquanto estesa, stretta ed alta. Di primo acchito sembra assai complicato riuscire a penetrarvi. Provo! Supero una serie di strettoie finché arrivo a quella che mi sembra rappresentare l'ultimo ostacolo. Oltre intravedo un ambiente esteso ed ampio. Svuoto i polmoni da tutta l'aria e mi infilo di piedi, in leggero declivio, verso l'ignoto. Vengo respinto. Mi concentro sul da farsi. Vuoi vedere che sto cercando rogne? Incastrato lì sotto? Prospettiva alquanto preoccupante! Mi rilasso e ritorno all'attacco. Stavolta vinco. La schiena scricchiola, un ginocchio fa crac, ma sono al di là, nel largo. Tralascio di raccontarvi, per pudore, l'avventura del ritorno. Una vera via Crucis! Comunque sia, individuo la partenza di un nuovo pozzo di circa 7/8 metri. La prosecuzione è evidente. La grotta continua. Lorenzo e Giacomo intanto, sono stati raggiunti da Alessandro. Insieme stanno cercando di spostare un masso che ostruisce un pozzo di circa 15 metri di profondità che si sviluppa qualche metro all'interno dell'estesa frattura che ho appena sondato. Bene, anzi benissimo! Un'ulteriore via per riuscire a scappare ancora verso il cuore della montagna. Purtroppo il masso è incastrato di brutto e, vista la mole dello stesso, si desiste dal tentativo di rimuoverlo. Torneremo con mezzi idonei. Un'ulteriore spedizione vede Giacomo Strapazzon, Davide Strapazzon, Denis Crestani e Andrea Bianchin impegnati nell'esplorazione del nuovo ramo individuato sul fondo dell'abisso. Scoprono ambienti labirintici di difficile decifrazione. La prosecuzione è celata da qualche parte, ma dove?
Nel marzo 2001 decidiamo di andare a completare il rilievo topografico della cavità. Alla spedizione partecipano Lorenzo Lessio, Monica Naletto, il sottoscritto e Claudio Molin Fop. La grotta viene temporaneamente disarmata per effettuare un controllo generale dello stato d'usura dei materiali. Attualmente l'abisso è stato disceso e rilevato fino a -166 metri di profondità (ufficiosamente oltre quota -170). La strettoia sul fondo, (generata da un masso incastrato) sovrastante un nuovo pozzo verticale di 15 metri deve ancora essere resa transitabile, pertanto il pozzo a tutt'oggi è ancora inesplorato.
Le speranze di poter scoprire ambienti ancora più profondi rimangono buone. Speriamo bene! Con molta probabilità l'Abisso Renato rappresenta una delle vie d'accesso al reticolo carsico drenante le acque meteoriche assorbite dall'ampia spianata di Campo Croce e del vasto bacino idrologico Monte Cornosèga - Col delle Laste - Val Rossa. Le esplorazioni sono ancora in pieno svolgimento e promettono ulteriori scoperte.
Nota dolente: nel caso la grotta non raggiungesse in futuro i duecento metri di profondità, avrò perso la scommessa fatta con il gruppo che prevede la tinteggiatura dei miei capelli (biondo dorato). La sadica speranza dei miei amici di vedermi ridotto in quello stato è assai remota, ve lo posso assicurare.
Michele Tommasi

Biblioteca Geo CAI - Alcuni titoli