Abisso GulliverDomenica 29 novembre 1992, un gruppo di speleologi del Gruppo Speleologico Geo CAI Bassano, muove alla volta del Massiccio del Grappa. Il loro intento e quello di esplorare uno stretto cunicolo soffiante, individuato nel marzo '91 nei versanti nord-occidentali dei Colli Vecchi. Tale zona è vicina a Casara "Coloni n", posta a 1292 metri di quota, nel territorio comunale di Borso del Grappa. Dopo la classica sosta per il cappuccino all'Albergo Miravalle di Campo Solagna, ci dirigiamo verso la nostra meta, con la speranza di scoprire qualcosa di esplorativamente interessante. Raggiunto il "presunto" ingresso della cavità, ({mosmap lightbox='1'|lbxwidth='600px'|lbxheight='600px'|lat='45.852278'|lon='11.771083'|show='0'|align='none'}) constatiamo che da essa esce una potente corrente d'aria, indizio palese, che sicuramente, nelle viscere della montagna potessero esistere vasti ambienti sotterranei. Un celere e facile accesso a questi ipotetici ambienti non ci pareva purtroppo realizzabile,
vista la considerevole esiguità del cunicolo iniziale. Anche il più "mingherlino e scarno" di noi (chi vi scrive) penava non poco solo a penetrarvi per qualche metro. La corrente d'aria però era troppo forte ed impetuosa perchè potessimo solo pensare di arrenderci a quello stato di cose, motivo per cui, con l'ausilio di pale, badili tattici, zappe ed ogni altro utensile con potenzialità escavatorie, iniziammo a svuotare il condotto sotterraneo dal materiale argilloso e ghiaioso che lo ostruiva parzialmente. Eravamo più che consapevoli che il lavoro che stavamo iniziando poteva rivelarsi infruttuoso, poteva essere inutile (le frane spesso e volentieri sono inestricabili), ma quel sibilo misterioso, quell'aria che ci lambiva gli zigomi, tanto impetuosa, da costringerci a socchiudere le palpebre, spazzava via ogni reticenza, ogni dubbio! Il lavoro di disostruzione e di scavo impegnò varie squadre di speleologi del Geo CAI Bassano, per quattro week-end. L'ingresso viene raggiunto con qualsiasi tempo, la pioggia, il freddo e sopratutto la neve, non riescono a fiaccare la nostra volontà e voglia di scoprire. Finalmente, tra momentanei scoraggiamenti e tachicardiche emozioni, riusciamo, quasi senza accorgercene, a scendere nel ventre della montagna per quasi quaranta metri. Quaranta metri, sudati uno per uno! Dapprima strisciamo in ambienti sub-orizzontali ingombri di depositi argillosi (i Tubi smerdi), poi scendendo tra i blocchi di una grossa frana sbuchiamo sull'orlo di un bel salto verticale (Pozzo Foulard). Il respiro del gigante ci accompagna, ci guida verso nuove scoperte. Eravamo sempre più convinti che quella che stavamo a poco a poco esplorando, non fosse affatto una grotta comune, una cavità come tante altre che già conoscevamo. Qualcosa ci diceva che ci trovavamo solo alle porte di un grande sistema carsico, un vero e proprio "gigante sotterraneo".
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Lunedì 28 dicembre '93 - Una spedizione di speleologi del Geo CAI raggiunge gli ottanta metri di profondità, scendendo un spettacolare susseguirsi di salti verticali, intervallati da un ampio e serpeggiante meandro. Esauriamo le corde sul ciglio di una nuova voragine (Pozzo Mammakelama) in cui s'inabissa un torrentello ipogeo.
Mercoldì 6 gennaio '93 . La "Befana" ci fa un vero e proprio regalo inaspettato, in compagnia di alcuni amici del gruppo Grotte Roner del CAI di Rovereto scopriamo a -70 una nuova ramificazione ascendente dèlla cavità, che da accesso ad un salone di dimensioni ragguardevoli, della lunghezza di quasi 40 metri. La grotta è bellissima ed affascinante! Siamo euforici, l'Abisso Gulliver (nel frattempo avevamo battezzato con questo nome la grotta) che a poco a poco ci stava svelando i suoi reconditi segreti, si presentava assai complesso, tanto che, in più di un'occasione avevamo la sensazione di non riuscire a ritrovare la via verso la superficie. Dal punto di vista morfologico ci trovavamo di fronte ad una cavità sorprendente, mai prima d'ora infatti, ci eravamo imbattuti in meandri così ampi ed estesi. Giunti a quasi novanta metri di profondità, sembrava che Gulliver non volesse più sopportare la nostra presenza, non tollerare quegli strani e piccoli esseri che scendevano e risalivano le sue viscere. Cosi eccoci bloccati: "rien ne va plus!" Un lungo restringimento ci fece capire che per continuare le nostre esplorazioni avremmo avuto vita dura; dura come il compatto calcare grigio che compone le pareti dell'angustissima spaccatura orizzontale. Non un flebile filo d'aria, niente, l'ampia condotta sotterranea che si trovava alle nostre spalle sembrava essersi richiusa su se stessa, e noi li impotenti, ma altrettanto consapevoli che un'estremo tentativo poteva essere fatto! Passano cinque lunghi mesi, il rigido inverno del Grappa lascia il posto ad una tiepida e verde primavera, la natura si risveglia, ed anche in noi si riaccende, più virulenta che mai, la voglia di continuare quello che avevamo interrotto, giù, al "Gulliver." "O la va o la spacca!" Questo il fatidico motto che continuiamo a ripeterci. Uno due, tre week-end passati li sotto, decine di ore di lavoro,. spostiamo macigni , ghiaie, ma non approdiamo ancora a "nessun porto". Le varie squadre si danno il cambio, "ecco per telefono ci chiamano dall'ingresso della grotta, il nostro lavoro è terminato. Speriamo che gli altri compagni riescano finalmente a "passare" e scoprire una nuova via verso l'ignoto". La squadra successiva infatti riesce a vincere il micidiale restringimento che viene battezzato "Fuga da Lilliput". L'ambiente al di là della lunga strettoia è molto vasto, discendiamo un salto di 8 metri e ci troviamo a vagare in una nuova sala il cui soffitto e talmente distante che con le nostre lampade non riusciamo a illuminarlo . Ad un tratto uno di noi richiama l'attenzione dei compagni: ci troviamo sull'orlo di un nero portale, buio e misterioso! Un pozzo ... un pozzo, vuoi vedere che continua? Gettiamo una grossa pietra nell'imbocco del salto verticale, ma non sentiamo nulla. Riproviamo ancora, ma non riusciamo a stabilire con precisione il tempo di caduta. Impressionante, siamo di fronte ad un baratro profondo almeno ottanta metri. Non crediamo alle nostre orecchie. Cominciamo la risalita verso l'esterno, fuori gli altri ci stanno aspettando, abbiamo comunicato via telefono la scoperta eccezionale, provocando un'euforia indescrivibile nei nostri amici.
Abisso Gulliver - Comunicazioni con l'internoE' mercoledì, ci si ritrova tutti in magazzino per preparare materiali e nuove corde per le prossime esplorazioni: si fanno mille progetti, si elaborano teorie sulla genesi del grande salto che ci aspetta. D'un tratto, sembra che tutti i sacrifici fatti in cinque anni di ricerca e studio del carsismo del Massiccio del Grappa, vengano finalmente ripagati con la scoperta di questa promettentissima ed interessante grotta. Il week-end successivo, vengono organizzate più spedizioni con compiti diversificati. Viene completata la posa della linea citofoni e l'attrezzamento di una nuova diramazione della grotta più ampia e diretta che ci fara risparmiare tempo ed energie. Un'altra squadra ha il compito di attrezzare ed esplorare il "Gran Ciambellano" (cosi venne denominato il grande salto verticale). Hanno con loro quasi duecento metri di corde e materiale sufficiente per l'esplorazione di eventuali pozzi successivi. Alla sera ci si riunisce tutti in una tipica trattoria del Massiccio, davanti ad un buon boccale di vino e dei succulenti "bigoli all'anitra": ci si complimenta per il buon lavoro svolto, ma è soprattutto dalla squadra di punta che arrivano le notizie più eclatanti. Il Gran Ciambellano ci viene descritto passo passo dai nostri compagni: tutti, con gli occhi che brillano, sognano di essere appesi alla corda tesa per i suoi settanta metri di profondità. "Gulliver" continua a regalarci emozionanti sorprese ed awenture, il nostro spirito di corpo si rafforza. Oltre il Gran Ciambellano tratti di meandro, molto ampio conducono ad altri due pozzi verticali, discesi i quali, i nostri compagni hanno esaurito le corde, ma non prima di constatare un vasto salto valutato intorno ai 30 metri di profondità. Nel fondo di quest'ultimo si sente in lontananza il fragore di una cascata sotterranea! Ritorna l'autunno e neanche le prime abbondanti nevicate ci sbarrano il passo. Su per le ripide erte ghiacciate che salgono a Casara Colonin, trasciniamo, come veri cani da tiro, slitte appositamente elaborate recuperando vetusti sci dimenticati nelle soffitte. Raggiungiamo l'ingresso di buon mattino, poi, tutto il giorno, siamo impegnati già, sempre più giù, nelle viscere del Gigante, che sembra non fermarsi mai. Superiamo quota -270 metri ed ecco, ancora Gulliver che mette alla prova il nostro fiuto, la nostra intuizione esplorativa, forse siamo arrivati al capolinea, la grotta sembra non continuare oltre. Poi d'un tratto una voce ci chiama, uno di noi e riuscito a risolvere l'enigma sotterraneo. Percorrendo una condotta in leggera ascesa è giunto sull'orlo di un nuovo enorme salto verticale. Siamo letteralmente elettrizzati, il pozzo, approssimativamente dovrebbe superare i 70 metri e quindi portare l'abisso fino a -350 metri di dislivello rispetto all'ingresso. L'esplorazione del nuovo pozzone (Re Gigante) presenta non poche difficoltà tecniche. S'inabissa elicoidalmente e quindi siamo costretti a piantare dei chiodi intermedi che frazioneranno ripetutamente la discesa. Lo sforzo e la fatica si fanno sentire: sono oramai 15 ore da quando siamo entrati in grotta, il freddo comincia ad intorpidirci i muscoli, la voglia di esplorare il Re Gigante è grande, ma rimandiamo saggiamente la sua discesa a quando saremo più freschi. Durante la risalita, facciamo sosta per un the caldo alla "Capanna Bassano" (in onore del CAB, Club Alpino Bassanese), un confortevole bivacco che abbiamo installato a quota -220 metri. Qui sotto la grande tenda di microfibra rossa, ingombra di viveri, materassini e sacchi a pelo, sembra di essere a casa. Il respiro del Gigante lambisce le sue pareti e a volte penetra da qualche spiffero, provocando ai più sudati dei brividi termici che spariscono al primo sorso di the. L'atmosfera è surreale, quasi sintetica. Ci troviamo nel ventre di una montagna, vicina, amata e conosciuta in tutto il nostro paese, eppure alle soglie del 2000, mentre missioni spaziali solcano distanze interplanetarie, mentre sulla luna l'uomo da decenni ha piantato le sue bandiere e lasciato le sue bipedi impronte, qui oggi, noi siamo i primi a posare i nostri sguardi su questi mondi sotterranei, fino a poco prima sconosciuti ed inviolati. Sembra paradossale, ma è proprio così. Il silenzio è solo apparente, l'acqua compone vere e proprie melodie, gli stillicidi suonano nenie ancestrali, ora ritmiche ora dolci, ora virulente e convulse. Il pensiero vola lontano, dove ci porterà questa grande grotta, nessuno lo sa! Tutti sono sicuri che "Gulliver saprà regalarci sempre nuove emozioni e scoperte. Chissà ... forse gli siamo simpatici!